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“Nel 2100 la neve a 2000 m come oggi a 1000-1500 m”

E non è l’unica cosa che sta cambiando per la neve. Lo racconta Michael Matiu, matematico e ciaspolatore.

Michael Matiu
© Eurac Research | Michael Matiu
by Valentina Bergonzi

Le eccezionali nevicate di questo inverno agli sgoccioli se le è godute fino in fondo. Del resto, Michael Matiu sapeva di doverne approfittare: “Le nevicate estreme non contraddicono un dato inconfutabile: da quarant’anni nevica sempre meno e le previsioni sono fosche”.

Che i ghiacciai si sciolgano lo vediamo tutti; più difficile avere la percezione dei cambiamenti climatici dopo le nevicate di quest’anno. Sono davvero l’eccezione che conferma la regola?

Le nevicate particolarmente estreme si verificano in Alto Adige in condizioni meteorologiche particolari, quando affluisce aria molto umida dal Mediterraneo. È successo quest’anno a dicembre, e anche a novembre 2019. Allora c’era stato anche un blocco climatico per aveva fatto protrarre le precipitazioni intense per più giorni, tanto che con la mia famiglia, a Ega, siamo rimasti senza telefono e internet per una settimana intera. Sicuramente questi eventi non spariranno, ma in generale la neve diminuirà.

Quindi nevicherà meno, e, quando nevicherà, nevicherà in modo estremo?

Probabilmente sì, anche se i nostri modelli ci impongono di essere cauti nelle previsioni degli eventi estremi, e specialmente dei rischi correlati, come caduta alberi, blackout, frane e slavine. Ci sono infatti molti fattori in gioco: in montagna le previsioni sono più complicate, la variabilità a livello locale è grande e le temperature più alte potrebbe destabilizzare la neve al suolo e innescare valanghe a prescindere dall’entità delle nevicate.

Nevicherà meno e probabilmente, quando nevicherà, nevicherà in modo estremo.

Si può dire di quanto diminuiranno le nevicate?

A livello di Alpi le stime dicono che entro la fine del secolo la correlazione tra manto nevoso e altitudine cambierà di 500-1000 metri, cioè nel 2100 le condizioni della neve a 2000 metri corrisponderanno a quelle che si trovano oggi a 1000-1500 metri. Solo se il riscaldamento globale verrà mantenuto al di sotto dei 2°C questo scarto potrebbe ancora essere contenuto entro i 250-500 metri.

E in Alto Adige?

Secondo i dati raccolti dal 1981 in 28 stazioni metereologiche sparse in provincia, in Alto Adige il saldo della neve è chiaramente negativo a inizio e fine stagione. Ad aprile sotto i 1500 metri praticamente non c’è più neve, nemmeno in località come Sesto o Penes dove quarant’anni fa era normale averne oltre venti centimetri ancora in primavera. Sotto i 1500 metri nevica meno anche nei mesi tra dicembre e marzo, mentre tra i 1500 e i 2000 il calo ancora non è così netto.

I cambiamenti sono omogenei in tutte le valli?

No, la neve è diminuita a est e nord, ma un po’ aumentata a sud e ovest; per esempio la stazione di Slingia, a 1690 metri, ha registrato un aumento medio del manto nevoso da 48 a 63 centimetri dal 1981 a oggi. Questi aumenti però non interessano i mesi primaverili. In media, la neve è sparita ovunque nell’ultimo mese della stagione.

Chi farà le spese di questi cambiamenti?

Basti pensare all’impatto sull’industria dello sci. È vero che da tempo non dipende più dalla neve che cade dal cielo, ma, negli inverni dal 2007 al 2016, i cannoni da neve in Alto Adige hanno consumato il 6-12% del consumo annuo di acqua potabile e il 2,9-5,4% del consumo annuo di elettricità di tutta la provincia, insieme agli impianti di risalita. Anche se bisognerebbe avere modelli più specifici per le singole località, è verosimile che in futuro, con meno neve, queste cifre continueranno ad aumentare e saranno sempre meno sostenibili. Bisogna poi pensare ai possibili conflitti legati all’uso delle risorse idriche; meno neve che si scioglie prima equivale a siccità nelle stagioni più calde, sia in Alto Adige sia a valle. Chi amministra l’acqua dovrà quindi concentrarsi su una gestione che tenga conto di tutte le parti interessate, per evitare tensioni.

Michael Matiu


Matematico con una specializzazione in bioscienze. Ha studiato e lavorato nelle università di Amburgo e Monaco, prima di approdare in Eurac Research grazie a una prestigiosa borsa di studio europea, una Marie Sklodowska-Curie Fellowship. Vive con la famiglia a Ega, dove tiene sempre a portata di mano le ciaspole. Trovi l'elenco completo delle sue pubblicazioni sul suo profilo ORCID. Ha curato il dossier "Neve".

Questa intervista è stata pubblicata l'11 marzo 2021 sul quotidiano Alto Adige

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