Cosa unisce la formazione professionale in agricoltura biologica, il menù di un ristorante etnico nel centro di Merano e l’arte della vinificazione? A prima vista sembrano gli elementi di un pacchetto di promozione turistica dell’Alto Adige che sappia fare leva sul rispetto per l’ambiente e su proposte enogastronomiche d’avanguardia. Si tratta invece di alcune delle buone pratiche volte a favorire l’integrazione socioeconomica di richiedenti asilo e rifugiati in territorio provinciale, ora catalogate online grazie alla mappatura realizzata nell’ambito del progetto EUMINT (Euroregioni, migrazioni e integrazione).
La mappa offre un inventario di iniziative che oltre alla concreta occupazione hanno posto attenzione all’aspetto formativo e di inserimento sociale dei migranti. Le pratiche selezionate sono state messe in atto da parte di imprese – di dimensioni e settori di attività tra loro molto diversi – attive in provincia e nei territori limitrofi. Sostenere l’inclusione lavorativa di richiedenti asilo e rifugiati è una sfida ma al contempo un’opportunità. A raccoglierla, sinora si sono fatte avanti sia aziende di grandi dimensioni che piccole realtà produttive, così come il settore no-profit. Tanto da rendere auspicabile un inventario che possa mettere in evidenza la varietà degli approcci e la replicabilità di queste sperimentazioni.
L’occupazione di richiedenti asilo e rifugiati in provincia
I dati più recenti sulla presenza di richiedenti asilo e rifugiati parlano di 2’531 persone in accoglienza in Trentino-Alto Adige a giugno 2019 (IDOS, 2019). La cifra rappresenta lo 0,3% della popolazione regionale e segna una diminuzione del 16% rispetto al 2018.
Ma come va il processo di inclusione nel tessuto socioeconomico della Provincia di Bolzano? Non disponendo di dati provinciali sulla situazione lavorativa di richiedenti asilo e rifugiati, si può fare riferimento ad un indicatore più ampio che offre comunque informazioni significative. Mentre solo il 2,9% dei cittadini italiani residenti in provincia si dichiara disoccupato, la cifra sale al 16% per gli stranieri. Una differenza netta che, se considerata insieme ai bisogni occupazionali del tessuto economico provinciale, indica la mancanza di meccanismi ottimali che favoriscano l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Se per i cittadini stranieri è più difficile trovare lavoro, richiedenti asilo e rifugiati si confrontano con ulteriori difficoltà connesse all’incertezza rispetto alla durata delle procedure di esame della richiesta, la scarsa conoscenza delle lingue locali e la mancanza di strumenti adatti al riconoscimento delle loro competenze formali e informali. Eppure, la normativa prevede che possano lavorare o entrare in percorsi formativi dopo 60 giorni dall’aver presentato domanda.
Alcuni esempi delle buone pratiche mappate da EUMINT
L’Orto Salewa è un campo di 3000 metri quadrati, adiacente agli spazi produttivi dell’azienda nota per la produzione di abbigliamento tecnico per l’alpinismo, dove frutta e verdura sono coltivati con tecniche di agricoltura biologica. Quasi 15 rifugiati e richiedenti asilo, ospitati in strutture di accoglienza nelle vicinanze, si prendono cura della produzione con il supporto dei volontari e dei dipendenti. L’orto inoltre è aperto al pubblico e con un’offerta libera è possibile portarsi a casa i prodotti appena raccolti. I redditi sono devoluti ai migranti che partecipano al programma. Il progetto ha saputo mettere in piedi una rete di aziende fornitrici e acquirenti, creando al contempo un’opportunità di formazione nel settore dell’agricoltura biologica.
GRAWÜ è una piccola cantina gestita da Leila Grasselli e Dominic Würth a Cermes, una famiglia italo-tedesca che da quasi dieci anni vive in Alto Adige nella zona di Merano. Oltre che nella sperimentazione in campo enologico, l’azienda sviluppa anche iniziative in ambito socioculturale, in particolare avendo attivato uno stage per Solomon, un richiedente asilo nigeriano. L’obiettivo di GRAWÜ è quello di garantire un percorso formativo efficace, che non solo sostenga lo sviluppo di specifiche competenze professionali, ma anche la creazione di una rete tra diversi attori (istituzioni, privati e servizi sociali) per l’integrazione di nuove politiche di accoglienza dei migranti.
African Soul è un ristorante che serve piatti africani gestito da una cooperativa sociale locale di Merano. L’esercizio è stato avviato con l’obiettivo di fornire uno spazio educativo dove i richiedenti asilo possono apprendere abilità professionali spendibili nell’ambito della ristorazione, che rappresenta uno dei settori occupazionali che vede la più alta partecipazione di stranieri nella forza lavoro.
La mappa sviluppata da EUMINT copre al momento i tre territori che partecipano al progetto (Alto Adige, Wipptal e Friuli-Venezia Giulia), ma ha l’ambizione di divenire un catalogo esteso a tutto l’arco alpino. Si ritiene infatti che esistano elementi di trasferibilità delle buone pratiche sperimentate, in particolare per quanto riguarda quelle che si situano nei settori tipicamente alpini dell’economia agro-silvo-pastorale, così come in settori dove si sono instaurate nicchie etniche occupazionali, la pastorizia è una di queste. La mappa è aperta a segnalazioni riguardanti progetti o iniziative innovative che abbiano tentato di dare risposta alla sfida dell’integrazione.
Sappiamo che le buone pratiche di inserimento lavorativo esistenti che meritano di essere conosciute sono molte di più di quelle identificate al momento, aiutaci anche tu ad arricchire e aggiornare la mappa interattiva segnalandocele all’indirizzo info@foralps.eu
Autori: Marzia Bona, Giulia Cutello
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