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Autosufficienza, tutta in una volta o a piccole dosi?

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Autosufficienza, tutta in una volta o a piccole dosi?
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Molti di voi sognano una vita alternativa lontano dalla frenesia delle città, immersi nella natura. La storia di Liz vi porta a non idealizzare la vita al maso e a ripensare il concetto di autosufficienza.

“Sei sicura di aver messo abbastanza sale?” chiede Liz. “Sì, mamma, sono sicura.” “E la cottura, hai rispettato i tempi?” “Sì, guarda, hanno una consistenza perfetta.” Anastasja ha servito in tavola dei canederli tra i più buoni che io abbia mai mangiato, ma la sua mamma si sofferma sui dettagli della preparazione. Io mangio senza fare domande, vi posso assicurare che erano semplicemente ottimi. L’attenzione alla qualità del cibo accompagna Liz da più di 30 anni, ma sembra essere poco diffusa tra i nostri connazionali. Secondo un rapporto FIPE del 2018 – pubblicato prima di una pandemia globale che ha contribuito a cambiare molte abitudini – tre anni fa solo 1 italiano su 3 cucinava a casa, dedicando poco tempo alla preparazione del cibo e in media solo 30 minuti per mangiarlo.

La tavolata degli invitati che pranzano da Liz assieme a me è molto internazionale, motivo per cui si parla inglese. Mi accorgo così che Anastasja aiuta a Liz a scegliere le parole per formare delle frasi corrette. La condivisione del sapere è bidirezionale: la mamma ha trasmesso alla figlia delle conoscenze culinarie, la figlia le insegna l’inglese. “Così potrò interagire un po´meglio con il woofer dagli Stati Uniti che arriverà qui da noi”, rivela Liz. Per chi non conosce il woofing, eccolo spiegato qui.

Come per molti piatti che escono dalla sua cucina, anche gli ingredienti usati per i canederli provengono dall’orto che Liz coltiva praticamente da sola in un maso a 1.250 metri a Cauria-Gfrill, sopra Salorno-Salurn. Nata al Brenner-o, dopo gli studi anni all’Università di Bologna decide di lasciare la città e di vivere in montagna. Dall’inizio degli anni ´90 vive, per quanto possibile, di autoproduzione.

L’orto di Liz. @Elisa Agosti

I genitori di Liz erano appassionati di orto, ne avevano addirittura uno su una ripida scarpata vicino al Brenner-o. Quando Liz si trasferisce a Cauria-Gfrill la sua priorità è restaurare la casa, non certo zappare la terra. È stato il suo papà a dare il via alle prime coltivazioni, definendo un perimetro di 3 metri per 3, il primo appezzamento del maso. Da giovane Liz non si era interessata molto all’agricoltura. A risvegliare in lei la passione per la coltivazione di ortaggi e per il fai da te in giardino ci pensa un libro. “Il grande libro dell’autosufficienza” dello scrittore inglese John Seymour le fornisce i primi strumenti, e forse anche il coraggio, per provare a cimentarsi con un proprio orto. L’idea dell’autoproduzione la accompagna fin dai primi tentativi. Parlare con Liz, una donna sulla sessantina con molta energia e molte cose da raccontare, dà l’impressione che (quasi) chiunque potrebbe fare come lei. Un’impressione passeggera, visto che lei non vive al maso solo qualche settimana all’anno. Lei ci vive tutti i giorni, in quelli buoni e in quelli meno buoni. E soprattutto mangia (quasi) solo quello che produce.

“Ho iniziato dalle piccole cose e ho sempre cercato di imparare dai miei errori. La natura non perdona, se sbagli qualcosa nella fase di semina te ne accorgi solo qualche mese dopo, quando ormai non si può più rimediare.”

Una volta le è successo di piantare degli spinaci che sono risultati molto invasivi e che hanno fatto marcire le carote. Per questo, racconta, è molto importante tenere a mente che alcune varietà non vanno messe vicine e che alcuni ortaggi hanno bisogno di molto spazio per crescere. “A volte mi sento un po´ geometra”, dice sorridendo.

Ci sono molte consuetudini nel mondo dell’orticoltura: Liz ha deciso di non seguirle, ma di decidere in autonomia ed in modo empirico quello che funziona meglio. Il suo rapporto con le “erbacce” è molto significativo. Prima estirpava molto, come la maggior parte dei proprietari di un orto. Con il tempo, invece, estirpa solo quelle che lei chiama le erbacce antipatiche. “Non c’è nessun problema se per qualcuno il mio orto sembra molto disordinato. Ho imparato che alcune di queste erbacce hanno una funzione. Ora il prezzemolo e la rucola crescono di anno in anno senza che io debba seminarli. Si possono mangiare e sono molto buoni!” Allo stesso tempo, il carico di lavoro si è ridotto, diventare meno invasivi permette di occuparsi di altre faccende, che a Liz non mancano di certo. Il maso comprende frutteti da potare, prati che vanno falciati e un bosco da cui prendere la legna. Liz si occupa anche di una ventina di pecore di razza frisona orientale. Prendersi cura degli animali è molto impegnativo, dice, “gli ortaggi si possono lasciare per un po´, ma gli animali vanno accuditi ogni giorno”.

La vita al maso di Liz è diversa da quella delle aziende agricole della bassa atesina. Prima di tutto il suo maso non è un’impresa, i prodotti non sono venduti sul mercato. In secondo luogo, gli abitanti di Cauria-Gfrill hanno mantenuto in vita le pratiche del baratto: si scambiano prodotti l’uno con l’altro visto che il supermercato più vicino si trova a 25 minuti di macchina e che la solidarietà è fondamentale per vivere in una zona lontana dal comfort dei centri abitati. “Se incontri una persona a Bolzano o a Salorno tendi a parlare del meteo. Qui a Cauria molte delle nostre chiacchierate servono a scambiarci consigli per l’orto”.

Liz, la sua nipotina e la pecora Barbie. @Elisa Agosti

Ho accompagnato Liz nel suo orto e nella sua cucina per un giorno. Abbiamo parlato di consumismo, di monocultura e dell’importanza di tramandare le conoscenze. Questa donna ha vissuto appieno molti valori legati ad un altro modo di fare agricoltura, passando dal piano teorico ed idealizzato a quello concreto. Occuparsi di un orto, delle pecore e di un maso come fa lei è davvero impegnativo e stancante, il suo stile di vita così radicale non fa per tutti. Tuttavia, rappresenta un esempio per chi ha già cominciato a cimentarsi con un po´di autoproduzione o per chi vorrebbe farlo. È normale iniziare a piccoli passi e commettere errori, anche per Liz è stato così, ma una discreta dose di autosufficienza si può raggiungere partendo da piccole azioni quotidiane, per esempio coltivando qualche pianta sul balcone di casa. Preparare pietanze usando anche un solo ingrediente che ho coltivato mi dà molta soddisfazione. Immagino sia lo stesso per voi.

Il libro di John Seymour ha appena compiuto 45 anni. Mi piace credere che dalla sua pubblicazione abbia ispirato molte storie come quella di Liz e che continuerà a trasformare molti lettori in piccoli grandi coltivatori.

Consigli di lettura

Il grande libro dell'autosufficienza insegna a vivere delle risorse della terra. Ricchissimo di informazioni pratiche, di suggerimenti collaudati e di preziosi consigli, il visionario manuale di Seymour spiega come mietere un raccolto, come rispettare la terra, come rimanere in salute e non produrre rifiuti. (Ibs.it)

Elisa Agosti

Elisa Agosti

Elisa Agosti lavora come junior researcher presso l'Istituto per lo Sviluppo Regionale di Eurac Research. Fa parte del gruppo di ricerca sull'economia rurale dove si occupa di patrimonio culturale e di sostenibilità.

Tags

  • agricoltura

Citation

https://doi.org/10.57708/b75780085
Agosti , E. Autosufficienza, tutta in una volta o a piccole dosi? https://doi.org/10.57708/B75780085

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