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Analizzati individui di epoca altomedievale rivenuti nel cimitero di Santo Stefano a Burgusio

Le analisi hanno rivelato elevata varietà genetica e legami di parentela

Oliver Reuß
Credit: Oliver Reuß | All rights reserved
by Daniela Mezzena

I resti conservati nel cimitero altomedievale di Burgusio sono stati scoperti alla fine degli anni Ottanta dalla Soprintendenza provinciale ai beni culturali. Si tratta di esigui corredi funerari e numerosi resti ossei. Questi ritrovamenti hanno suscitato due interrogativi principali: le persone sepolte hanno origini diverse? Gli individui trovati in un’unica tomba sono imparentati? A distanza di quasi quarant’anni, le analisi antropologiche e genetiche offrono delle risposte e aprono uno scorcio su flussi migratori e organizzazione sociale nel primo medioevo.

Gli individui analizzati provengono da tombe che si trovano sia all’interno che all’esterno della chiesa. In una di quelle più vicine all’altare, la numero 2, il tipo di corredo funerario, cioè alcune parti di una cintura, suggeriva la presenza di un individuo maschile di diversa cultura e forse provenienza. La presenza di più individui nella sepoltura lasciava intendere invece che si trattasse di una tomba familiare. Un altro elemento di cintura è stato poi rinvenuto nella tomba numero 3, che ospitava i resti di un altro individuo di sesso maschile.
I dati archeologici ci raccontano che, in epoca altomedievale, la fine dell’impero romano ha favorito lo spostamento di persone provenienti da nord, ovest ed est, per cui gli archeologi locali si chiedono se le persone sepolte a Burgusio avessero origini diverse. Le parti di cinture con stili decorativi germanici potrebbero suggerire la presenza di individui non locali o sono solo una prova del fatto che la popolazione locale fosse entrata in contatto con altri popoli e ne avesse acquisito le usanze culturali?

Tombe nel cimitero altomedievale di BurgusioCredit: Ricerche Archeologiche di Rizzi Giovanni & Co. S.N.C. | All rights reserved

Ci ha sorpreso scoprire così tanta varietà genetica in un piccolo cimitero alpino.

Valentina Coia

“L’analisi genetica non fornisce delle risposte definitive a tutti questi quesiti, ma ci è di grande aiuto perché ci permette di risalire a informazioni impossibili da ottenere con il solo studio archeologico” spiega Valentina Coia, biologa. Le analisi paleogenomiche svolte su 21 individui sepolti nel cimitero hanno dimostrato una elevata eterogeneità a livello genomico, ma anche una componente genetica principale riconducibile al sud Europa e in particolare all’Italia centrale. Questo dato non suggerisce la presenza di “migranti”, ma indica mescolamenti genetici con persone di diverse origini. “In parte ci aspettavamo questo risultato, visto che generalmente gli individui europei di questo periodo testimoniano eventi complessi di mescolamento genetico, dall’altra però ci ha sorpreso scoprire così tanta varietà genetica in un piccolo cimitero alpino. Analisi da noi precedentemente condotte su campioni altomedievali rinvenuti in provincia indicavano infatti una minore mobilità e maggior isolamento in val Venosta rispetto ad altre valli, ad esempio valle Isarco o valle dell’Adige”, spiega Coia.

Lo studio ci racconta della struttura sociale al tempo in questo territorio.

Alice Paladin
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Parte di cintura rinvenuta nella tomba 3Credit: Oliver Reuß | All rights reserved
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Parti di cintura rinvenute nella tomba 2Credit: Oliver Reuß | All rights reserved

La seconda questione di interesse scientifico riguarda i legami di parentela tra gli individui rinvenuti nel cimitero e in particolare quelli seppelliti nella tomba 2. Appartenevano alla stessa famiglia, come ipotizzato dagli archeologi? La vicinanza all’altare, la presenza del corredo e le caratteristiche della sepoltura poi hanno fatto supporre che appartenesse a una famiglia di elevato status sociale.
“Nella tomba 2 erano presenti sia scheletri completi, che resti di crani e altre ossa sparse”, spiega la bioarcheologa Alice Paladin, “In seguito al nostro studio è emerso che i resti della tomba 2 appartenevano a un numero minimo di 13 individui e la maggior parte di quelli studiati geneticamente erano imparentati. Abbiamo ad esempio individuato la presenza di un padre e di un figlio. Tuttavia, non tutti avevano rapporti biologici di parentela”. Accanto al presunto figlio, infatti, è sepolta una donna con cui non ci sono legami biologici e che mostra un elevato livello di mescolamento con gruppi del nord Europa.
“Questi risultati suggeriscono la presenza di una possibile familia, quindi di un gruppo che considerava non solo i legami biologici tra gli individui, ma anche relazioni che andavano oltre la parentela. Lo studio quindi ci racconta della struttura sociale al tempo in questo territorio” aggiunge Paladin.
“Combinare le analisi antropologiche e genetiche con i dati archeologici a nostra disposizione ci ha permesso di chiarire il quadro e di comprendere che l’ibridazione culturale che si osserva in questa area all’epoca sia stata accompagnata da complessi processi di mescolamento genetico”, concludono le principali ricercatrici dello studio pubblicato sulla rivista iScience.


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