Questa tecnica ha permesso di osservare che i volontari in grado di terminare il test mostravano un aumento della saturazione cerebrale e probabilmente in una situazione reale avrebbero sviluppato la sindrome delle tre H: il loro corpo si stava raffreddando ma la neve garantiva ancora un sufficiente apporto di ossigeno e una rimozione dell’anidride carbonica. Al contrario, i soggetti che non concludevano il test mostravano una saturazione cerebrale in calo, probabilmente perché la neve non garantiva né un sufficiente apporto di ossigeno, né una adeguata rimozione dell’anidride carbonica, e rischiavano di sviluppare una condizione pericolosa che, se prolungata, avrebbe determinato uno stato di sofferenza cerebrale (oltre a una sofferenza cardiovascolare con interruzione del processo protettivo di raffreddamento e arresto cardiaco).
Questa evidenza ha dimostrato per la prima volta in modo sperimentale il legame tra l’ossigenazione del cervello umano, l’aria intrappolata nella neve e l’insorgenza della sindrome delle tre H. Ha mostrato infatti come, fino a una certa soglia, una minor disponibilità di ossigeno non comporti sempre una riduzione dell’ossigeno a livello cerebrale. Il cervello ha infatti dei meccanismi di autoregolazione e compensazione che, in determinate condizioni, garantiscono un adeguato apporto di ossigeno per un certo tempo.
“In questo studio grazie alla tecnica NIRS abbiamo confermato dal punto di vista sperimentale l’importanza di un’adeguata ossigenazione cerebrale per la sopravvivenza senza conseguenze di un seppellimento da valanga ed evidenziato il ruolo delle caratteristiche della neve in cui si trova la persona travolta. Con neve a bassa e media densità le probabilità di evitare uno stato asfittico sono maggiori” spiega Giacomo Strapazzon, primo autore dell’articolo e vicedirettore dell’Istituto di medicina d’emergenza in montagna di Eurac Research.
“Come spesso avviene con la ricerca di base, i risultati che abbiamo ottenuto non si ripercuotono oggi sulla pratica clinica, ma proseguendo in questa direzione si potrebbe valutare un utilizzo della tecnica NIRS per migliorare il triage e trattamento pre-ospedaliero dei travolti da valanga per capire se, al momento del disseppellimento, i pazienti siano già in una condizione di sofferenza cerebrale”, conclude Strapazzon.