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Prevenire il rischio di pericoli naturali

Per gestire in maniera ottimale i rischi legati ai pericoli naturali è necessario considerare la percezione del rischio della popolazione e fare leva su una comunicazione efficace tra tutti gli attori coinvolti. È questo lo scopo di RiKoSt, un progetto Interreg Italia-Austria che in Alto Adige coinvolge da vicino otto Comuni e prevede campagne di informazione nelle scuole e nelle strade per accrescere la consapevolezza del rischio. Per prevenire i rischi legati a pericoli naturali non basta potenziare gli argini dei fiumi o costruire dighe di contenimento, bisogna anche coinvolgere attivamente la popolazione per costruire un dialogo condiviso sulle misure di prevenzione, protezione e comunicazione del rischio. L’obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza e la preparazione di tutti di fronte ai rischi legati ai pericoli naturali. Questa attività di informazione deve essere svolta in tempi tranquilli, non in situazioni di emergenza. È per questo che, in un progetto coordinato dalla Protezione Civile della Provincia Autonoma di Bolzano, i ricercatori di Eurac Research stanno portando avanti, accanto ad altre azioni mirate, delle campagne di sensibilizzazione nelle scuole e nelle strade di otto Comuni altoatesini. Fabio Carnelli, ricercatore dell’Istituto per l’osservazione della Terra di Eurac Research, ha incontrato studenti e cittadini.

In cosa consistono le attività di informazione che avete svolto?

Fabio Carnelli: Indossando occhiali per la realtà virtuale studenti e cittadini possono visualizzare le zone di pericolo in alcuni comuni dell’Alto Adige, capire a quale tipo di evento sono esposte, ad esempio una frana o un’alluvione, e con quale intensità. Possono vivere in prima persona l’impatto di eventi recenti grazie a simulazioni tridimensionali che mostrano piazze allagate o l’impatto di una colata detritica su un paese montano.

Quale è stata la reazione nelle scuole?

Fabio Carnelli: Gli studenti hanno partecipato con molto interesse all’attività, ma abbiamo un po’ faticato a far capire l’importanza del tema perché non è solitamente un argomento trattato fuori e dentro le scuole e quindi i ragazzi non lo vivono come un problema da affrontare. Visualizzare la mappa delle zone di pericolo li ha anche aiutati a fare dei collegamenti con esperienze personali e a capire l’importanza di contribuire attivamente alla prevenzione, a cominciare dalle proprie abitudini (es. l’uso delle cantine in zone a rischio di alluvioni).

E cosa è emerso dagli incontri nelle piazze?

Fabio Carnelli: Anche qui il tema dell’informazione è cruciale: tra i turisti incontrati quasi nessuno conosce la mappa delle zone di pericolo in Alto Adige e i residenti criticano il fatto che se ne parli con toni sensazionalistici in situazioni di emergenza, ma che poi manchi un vero approfondimento da parte dei media.

Perché è così importante il coinvolgimento della popolazione?

Fabio Carnelli: Perché riguarda tutti noi. La percezione del rischio, se considerata, può fare la differenza nella gestione di eventi sempre più complessi ed incerti: per ridurre il più possibile l’impatto dei pericoli naturali è necessaria la collaborazione attiva di tutti. Non parliamo infatti di “rischi naturali”, ma di “rischio da pericoli naturali”. Può sembrare una sottigliezza linguistica, ma non lo è. Il rischio è legato alla presenza dell’uomo, che deve quindi essere considerata: ad esempio, banalmente, una valanga in una valle disabitata non comporta teoricamente nessun rischio, in un ambiente antropizzato sì. Questa distinzione permette di poter pensare anche ad azioni di prevenzione che partano dai contesti in cui i pericoli naturali potrebbero impattare.

Fabio Carnelli

Una laurea in Antropologia culturale a Siena e un dottorato internazionale in Sociologia all'Università di Milano Bicocca, Fabio Carnelli si occupa di temi legati alla gestione del rischio e dei disastri, con l’obiettivo di promuovere un approccio interdisciplinare, ma anche divulgativo e applicato, in cui le scienze sociali siano integrate nella prevenzione del rischio da disastri. Governance, comunicazione e percezione del rischio, ma anche partecipazione e aspetti socio-culturali sono al centro dei progetti su cui attualmente lavora.

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