Cosa potrebbe indurli a fuggire?
Hilpold: Al di sopra della linea degli alberi, cioè intorno ai 2200 metri, l'influenza diretta dell'uomo di solito è minima e puntuale. Basta pensare agli impianti di risalita, agli sport d’aria, allo sci alpinismo e alle escursioni. Tuttavia, dopo la rivoluzione industriale, il mondo vive uno stato di sconvolgimento che raggiunge anche gli angoli più remoti della terra. L'uomo interviene in numerosi cicli materiali che portano a un riscaldamento dell'atmosfera. Inoltre, c’è un apporto di azoto e di altre sostanze anche negli ecosistemi montani. In molti casi, le specie sono costrette a cercare nuovi habitat. Inizialmente si muovono in orizzontale, per esempio spostandosi da sud verso il versante nord di una montagna. Ma a un certo punto queste nicchie sono occupate e l'unica opzione che rimane è quella di fuggire verso l'alto.
Cosa succede quando non c'è spazio per salire?
Hilpold: Allora la situazione diventa davvero critica. Sui versanti della Mendola, per esempio, abbiamo trovato l’eufrasia tridentata. Questa specie di fiore non potrà fuggire verso l'alto se il suo habitat attuale dovesse cambiare in modo significativo. Le piante in montagna sono fortemente legate alla loro posizione e solo raramente trovano un habitat sostitutivo. Lo stesso vale per le specie animali che si nutrono di queste piante.
Perché è così importante registrare la biodiversità?
Hilpold: Oltre al cambiamento climatico, il declino della biodiversità sarà uno dei nostri maggiori problemi nei prossimi decenni. Edward Wilson, il guru americano della biodiversità, ha calcolato che se tutti gli insetti e gli artropodi si estinguessero, noi umani li seguiremmo dopo meno di un anno.
Sembra uno scenario drammatico. Gli insetti davvero rischiano un’estinzione di massa?
Hilpold: Nel 2017 è uscito in Germania lo Studio Krehfeld. Mostra che in meno di 30 anni la biomassa degli insetti volanti è diminuita in media del 76,7 per cento. Dagli anni Settanta, gli scienziati hanno raccolto dati sugli insetti volanti in 63 aree in Germania. All'inizio venivano derisi: “A cosa serve quello che fate?”. Oggi sappiamo quanto siano importanti queste indagini a lungo termine. Lo stesso vale probabilmente anche per il monitoraggio della biodiversità in Alto Adige. Alcuni dei nostri studi torneranno utili tra 20-30 anni.