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Raccomandazioni per (non) salire in quota con disturbi neurologici

03 marzo 22

Raccomandazioni per (non) salire in quota con disturbi neurologici

Arrivano da uno studio di Eurac Research, università di Trento e Padova e Ospedale di Aosta

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Il team di ricerca ha passato in rassegna tutti i principali disturbi neurologici, dall’emicrania fino all’ictus passando per Parkinson e sclerosi multipla. Per ognuno ha valutato i rischi dell’esporsi all’alta quota e ha stilato delle raccomandazioni, suddividendole tra controindicazioni assolute – cioè divieti – e controindicazioni relative, per quelle situazioni dove sia possibile valutare caso per caso. Le raccomandazioni sono state recentemente pubblicate sul “Journal of Central Nervous System Disease”.

Chi ha subito un ictus nei 90 giorni precedenti dovrebbe evitare qualsiasi esposizione all’alta quota: anche se si sente bene, la sua situazione neurologica è ancora troppo instabile. Lo stesso vale per chi soffre di malattie neuromuscolari avanzate perché la carenza di ossigeno sottoporrebbe i muscoli respiratori già compromessi a uno stress ulteriore e per chi soffre di neuropatia diabetica perché ha una ridotta sensibilità ai piedi e camminare su terreni impervi può causare danni. “L’altitudine, dai 2.000 metri circa, ha vari effetti sul sistema nervoso. La prima reazione del corpo alla carenza di ossigeno è l’aumento della perfusione cerebrale, cioè arriva più sangue al cervello. Questo è normale, ma in determinate condizioni possono insorgere problemi”, spiega Marika Falla, neurologa e ricercatrice di Eurac Research e Università di Trento. “Chi sale in quota senza il dovuto acclimatamento rischia di sviluppare disturbi d’alta quota più o meno gravi – dal mal acuto di montagna all’edema cerebrale. Chi lo fa con disturbi neurologici conclamati o latenti dovrebbe essere ancora più cauto e in alcuni casi dovrebbe proprio evitarlo”. Tra i tanti casi che fortunatamente non prevedono una controindicazione assoluta ci sono le varie forme di emicrania – esclusa però l’emicrania con aura atipica, che necessita di approfondimenti prima di potersi esporre all’alta quota –, il disturbo cognitivo lieve (comune in tanti anziani), l’epilessia e le malattie neuromuscolari a uno stadio meno severo. Anche chi soffre di Parkinson dovrebbe valutare il proprio quadro clinico con un medico esperto di altitudine, ma non deve per forza escludere a priori una gita in alta montagna o un viaggio sulle Ande, in Nepal o su un altopiano africano.

L’articolo scientifico è accessibile online: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34955663/

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