null

magazine_ Dossier

Plurilinguismo

Una fotografia poliedrica dell'Alto Adige

Scarica qui il Dossier Plurilinguismo in formato PDF.

Questo contenuto è ospitato da una terza parte. Mostrando il contenuto esterno si accettano termini e condizioni.

Videoanimazione sul plurilinguismo nelle scuole dell’Alto Adige

Plurilinguismo in Alto Adige

Bolzano – Bozen – Bulsan. I tre nomi ufficiali della città capoluogo e più in generale i cartelli stradali, i nomi dei luoghi e le insegne dei negozi mettono subito in chiaro una cosa: la convivenza tra tedesco, italiano e ladino è una caratteristica fondamentale del nostro territorio. Ma chi, oltre agli occhi, apre bene anche le orecchie si accorge presto che il trilinguismo storico e istituzionale ha assunto da tempo una nuova forma; non solo nelle città, ma anche nei piccoli paesi. Nelle strade e nelle piazze, nei cortili delle scuole e nei parchi giochi sentiamo parlare arabo e albanese, spagnolo, punjabi, francese, rumeno, farsi ... – tutte lingue arrivate con persone che da tempo hanno fatto dell’Alto Adige la loro casa. E non sono solo i fenomeni migratori, ma anche il turismo, gli intensi scambi economici con l’estero, i media e internet contribuiscono a fare in modo che sempre più persone in Alto Adige usino più di una lingua nella loro vita quotidiana.

Questo dossier vuole far luce da diverse angolazioni sulla diversità linguistica, vecchia e nuova, dell’Alto Adige: presenta lo stato attuale della ricerca e ne tratteggia il quadro giuridico, si interroga sulle sfide del plurilinguismo e mostra le grandi opportunità che offre all’individuo, ma anche alla società nel suo complesso.

Quanto è multilingue l’Alto Adige?

Circa il 70 per cento della popolazione dell’Alto Adige appartiene al gruppo linguistico tedesco, il 25 per cento al gruppo linguistico italiano e il cinque per cento al gruppo linguistico ladino.1 Le cifre ufficiali non danno però un quadro adeguato della diversità linguistica della nostra provincia perché la dichiarazione di appartenenza linguistica prevede solo i tre gruppi ufficiali e chi presenta la dichiarazione può aderire a un gruppo solo. In realtà, in Alto Adige si parlano molte più lingue dell’italiano, del tedesco e del ladino; basti pensare che i nuovi arrivati continuano ovviamente a usare la loro lingua d’origine. Queste lingue non vengono registrate, ma le statistiche sui residenti con cittadinanza straniera danno alcune indicazioni. Secondo i dati Astat, nel 2018 l’Albania era il paese di origine più fortemente rappresentato (circa 5.800 persone), seguito – dopo la Germania con circa 4.500 – da Pakistan e Marocco (entrambi con circa 3.600).2 Si deve però tener conto del fatto che, per esempio, in Pakistan si parlano più di 50 lingue.3 I paesi d’origine danno quindi solo un’idea approssimativa della diversità linguistica dell’Alto Adige.

Le scuole ci mostrano in modo impressionante quanto sia diventata plurale la nostra realtà: in una classe qualunque di una scuola media cittadina non è insolito contare fino a otto diverse lingue e dialetti d’origine. Il team di ricerca di Eurac Research lo ha verificato nel corso di numerosi progetti.

L’attuale diversità linguistica è emersa soprattutto a partire dagli anni novanta, da quando si è intensificata l’immigrazione dai paesi europei non comunitari e dall’Africa.4 Tra il 2002 e il 2017 il numero di persone con cittadinanza straniera residenti in provincia è triplicato.5 Attualmente in Alto Adige vivono persone provenienti da 138 paesi.6

Quanto sono plurilingui le persone che vivono in Alto Adige?

Per rispondere a questa domanda è necessario fare un passo indietro e cercare di definire la parola plurilinguismo perché, anche tra gli studiosi di linguistica, non c’è una visione unica. Il Consiglio d’Europa ha provato a fare ordine e nella “Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e pluriculturale” definisce il plurilinguismo come “la capacità dei parlanti di usare più di una lingua; esso considera dunque le lingue dal punto di vista di coloro che le parlano e di coloro che le apprendono”, distinguendolo dal temine multilinguismo che invece “rimanda alla presenza di più lingue in una determinata area geografica, indipendentemente da coloro che la parlano”.7

In tutt’altro contesto, a scuola si parla anche di plurilinguismo dantesco per definire la capacità di Dante di utilizzare stili, registri e parole di lingue diverse a seconda del contesto.8

Al giorno d’oggi la tendenza predominante in linguistica è includere nella definizione di plurilinguismo una vasta gamma di modi di comunicare: non solo la lingua in senso stretto, ma anche dialetto, gergo, varietà di una lingua o capacità di usare registri differenti. In gergo tecnico si parla di plurilinguismo individuale. Un semplice esempio: a scuola ci esprimiamo sicuramente in modo differente rispetto a come ci esprimiamo con gli amici o su WhatsApp.

Detto ciò, non esiste un censimento linguistico e sarebbe anche difficile farlo. La stessa dichiarazione di appartenenza linguistica è poco significativa: per esempio, il fatto che una persona si dichiari affiliata al gruppo linguistico tedesco non implica che non sappia parlare anche il francese o il russo. Sicuramente il multilinguismo istituzionale e l’alto afflusso di turisti da ogni parte del mondo, oltre alla posizione geografica di confine, rappresentano condizioni decisive. Altrettanto fondamentali nel determinare il plurilinguismo individuale sono fattori quali: famiglia, scuola e luogo di residenza. Alcuni dati interessanti ci vengono dal progetto “Sprachenvielfalt macht Schule/A lezione con più lingue” (SMS) di Eurac Research. Alle attività di SMS hanno partecipato oltre 2.500 alunni e alunne dalla seconda elementare fino alla quinta superiore di tutti i tre sistemi educativi dell’Alto Adige. Più di un terzo ha indicato di avere competenze in almeno un’altra lingua oltre al dialetto sudtirolese e alle lingue insegnate a scuola (inglese, italiano, tedesco). La possibilità di usare le lingue del nostro repertorio personale nella vita di tutti i giorni è fondamentale. In Alto Adige, a seconda di dove viviamo, possiamo trascorrere la nostra vita in un ambiente plurilingue ma anche monolingue: in molti paesi e paesini nelle valli il dialetto è l’unica lingua parlata e né il tedesco standard né tantomeno l’italiano si sentono per le strade (eccezion fatta la presenza di turisti). Viceversa, in alcuni quartieri di Bolzano il tedesco si sente raramente. Detto ciò, bisogna però ricordare che internet e i social media ci danno la possibilità di ascoltare e di usare lingue diverse praticamente dappertutto.

Un discorso a parte va fatto per le valli ladine, dove il particolare sistema educativo favorisce una padronanza di tutte e tre le lingue, oltre all’inglese come lingua straniera. Il dialetto ha un ruolo importante per gli altoatesini di lingua tedesca: è quasi sempre la prima lingua che imparano, prima che il tedesco standard si aggiunga attraverso la scuola e i media. L’uso di dialetti in addizione alla lingua standard rientra nel concetto di plurilinguismo individuale.9

A che livello bisogna conoscere un’altra lingua per potersi considerare plurilingue?

Dipende dall’uso che vogliamo fare di questa lingua. Se la studiamo a scuola ma non ci piace, faremo il minimo indispensabile per non prendere brutti voti. Negli annunci di lavoro non è raro vedere frasi come “è richiesta una conoscenza base della lingua inglese”, senza però specificare cosa si intenda con conoscenza base. Diverso è il discorso se desideriamo diventare interpreti o ci trasferiamo per lavoro o per motivi familiari in un altro paese. In questi casi è necessaria una conoscenza approfondita che vada al di là delle semplici frasi per la comunicazione quotidiana. C’è poi chi decide di studiare una lingua per iniziativa spontanea e i motivi possono essere i più disparati: perché è bella, perché ci piace come suona, perché è la lingua che si parla dove andiamo in vacanza o perché è la lingua del nostro ragazzo o della nostra ragazza. Più la motivazione è personale più si tenderà ad apprendere meglio la lingua. Per esempio, il Goethe Institut ha registrato un’impennata delle iscrizioni ai corsi di tedesco quando il gruppo pop rock germanico dei Tokyo Hotel era sulla cresta dell’onda.

Negli ultimi tempi, nel campo della ricerca linguistica, si è fatta strada l’idea che una lingua non vada conosciuta alla perfezione. Infatti anche i cosiddetti madrelingua commettono errori nella loro lingua madre e devono imparare molti aspetti linguistici nel corso della loro vita (grammatica, vocabolario, ecc.). Parlare perfettamente è del resto un’utopia10 che spesso, piuttosto che stimolare lo studio, fa danni. Trasmette infatti l’idea che non conosciamo mai una lingua abbastanza da poterla usare. In verità, non sfruttare il nostro repertorio linguistico per comunicare con gli altri per timore di commettere errori è proprio l’errore più grande.

Perché tanta diversità linguistica in Alto Adige?

L’Alto Adige non è mai stato un territorio linguisticamente omogeneo. Lo studioso Franz Lanthaler11 ci dice che dai dialetti tedeschi parlati in Alto Adige è possibile ricostruire una storia di contatti linguistici vecchia di almeno 1.500 anni.

Se si dà un’occhiata a un qualsiasi atlante storico non è difficile capire il perché.

Le tracce di scrittura più antiche ritrovate in zona appartenevano al popolo dei reti, stanziati in un territorio che si estendeva da Trieste fino al lago di Costanza. Con l’arrivo del latino portato dai romani la loro lingua si è progressivamente estinta ma ne rimangono degli elementi nel ladino dolomitico, oltreché nelle lingue più prossime quali il friulano e il romancio. A partire dal VI secolo d.C. hanno iniziato ad arrivare anche i bavari da nord e con essi la loro lingua. Da allora e fino al giorno d’oggi il panorama linguistico della provincia è caratterizzato dalla compresenza di lingue germaniche (tedesco e dialetti tedeschi) e neolatine (ladino, italiano, e una varietà italo-romanza locale, di matrice veneto-trentina).12 Per esempio Andreas Hofer partì dalla val Passiria per andare in soggiorno studio in Trentino per imparare l’italiano;13 l’italiano gli serviva infatti per la sua professione di oste. Documenti risalenti al XVIII dimostrano che il magistrato mercantile di Bolzano – una sorta di camera di commercio ante litteram – funzionava già bilingue: funzionari tedeschi e italiani si alternavano e alcuni parlavano addirittura entrambe le lingue. Oggi l’inglese è la lingua straniera più studiata nelle scuole, seguita da francese e spagnolo. Risale invece ai primi anni novanta l’arrivo di lingue quali cinese, punjabi o albanese quale conseguenza dei fenomeni migratori.

Com’è disciplinata la gestione della diversità linguistica in Alto Adige?

Il multilinguismo storico dell’Alto Adige, quello cioè che riguarda l’italiano, il tedesco e il ladino, è fortemente regolamentato, seguendo il principio di tutela delle minoranze. Il testo normativo di riferimento è lo Statuto di autonomia del 1972 che equipara tedesco e italiano quali lingue ufficiali della provincia. Il ladino è riconosciuto come lingua minoritaria e lingua ufficiale in val Badia e val Gardena.

In Alto Adige ognuno ha il diritto di esprimersi in italiano o in tedesco negli uffici pubblici, in tribunale, nei rapporti con la polizia e nelle strutture sanitarie. Per l’assunzione nel pubblico impiego si deve dimostrare la conoscenza delle lingue locali tramite l’esame provinciale di bilinguismo o trilinguismo, una certificazione linguistica riconosciuta o un titolo di studio bilingue.

Le leggi provinciali devono essere redatte nelle due lingue. Ciò ha reso – e rende tuttora – necessario elaborare equivalenti in lingua tedesca per i termini giuridici e amministrativi italiani:14 un compito non facile che l’Ufficio Questioni linguistiche della Provincia autonoma di Bolzano e le esperte di linguistica e diritto di Eurac Research svolgono in stretta collaborazione nell’ambito del progetto “Consulenza scientifica in ambito terminologico” (ConsTerm).15

Quali sono i benefici di una società multilingue?

Prima di tutto bisogna chiarire: il multilinguismo è la norma in tutto il mondo. Ci sono circa 200 stati sulla terra e, secondo il database Ethnologue, si parlano più di 7.000 lingue. L’Europa, con solo 287 lingue, si colloca in coda a una classifica linguistica mondiale. In altre aree la situazione è molto diversa: solo nello stato insulare della Papua Nuova Guinea si parlano più di 800 lingue. Gli stati multilingui, così come le persone plurilingui, non sono l’eccezione, ma piuttosto la regola.

Dal punto di vista culturale la diversità linguistica rappresenta una ricchezza indubbia che però si sta via via perdendo: da qui alla fine del secolo ogni anno si estingueranno circa 17 lingue perché non vengono più trasmesse ai bambini e non sono più parlate.16 Anche la memoria culturale intrinseca a queste lingue andrà irrimediabilmente perduta. L’Unione europea, che conta 24 lingue ufficiali e circa 60 altre lingue regionali e minoritarie riconosciute, si è data il compito di proteggere la diversità delle culture, delle religioni e delle lingue in Europa. Per esempio, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea vieta espressamente qualsiasi discriminazione sulla base della lingua.17 Inoltre le società beneficiano anche economicamente del multilinguismo, soprattutto nel contesto di una crescente globalizzazione. Senza le necessarie competenze linguistiche e interculturali un’azienda può non ottenere degli incarichi e subire svantaggi economici.

In Alto Adige si fa spesso riferimento alla funzione di “ponte” tra l’area di lingua tedesca e quella di lingua italiana e alla maggiore competitività economica associata al bilinguismo.

Anche nel settore turistico la conoscenza delle lingue straniere è naturalmente molto importante. Tuttavia, l’attenzione si concentra in generale su poche lingue ritenute tradizionalmente prestigiose e si trascura il fatto che nel mondo globalizzato sono proprio le lingue come l’hindi, l’arabo, il turco, il polacco o il mandarino – spesso meno valorizzate nel contesto altoatesino – ad avere un particolare potenziale in un’ottica di sviluppo economico.18

Quali vantaggi per il singolo individuo?

I vantaggi immediati sono poter comunicare con persone che parlano una lingua diversa, approfondire la conoscenza di altre culture, entrare in contatto diretto con mondi e mentalità diverse. Un’altra lingua è una risorsa preziosa non solo dal punto di vista sociale e culturale, ma anche professionale. Più lingue corrispondono in genere a più opportunità. Non per niente l’Unione europea ha fissato l’obiettivo educativo del trilinguismo (prima lingua + due): le scuole degli stati membri dovrebbero dare a tutti la possibilità di imparare almeno due lingue straniere. Per molte posizioni professionali già oggi l’inglese è dato per scontato. Sono quindi le competenze in altre lingue a dare un vantaggio competitivo, sia alle aziende sia a chi cerca lavoro.19

Al giorno d’oggi ricerche scientifiche dimostrano che l’acquisizione di più lingue comporti vantaggi cognitivi. I bambini e le bambine che crescono plurilingui sono coscienti della lingua che usano già in tenera età e per questo capiscono meglio come funzionano le lingue e, di conseguenza, ne imparano più facilmente di nuove. Le persone plurilingui possono anche adattare in modo molto rapido il loro repertorio linguistico al contesto e agli interlocutori, sono intellettualmente più flessibili e riescono a mettersi più facilmente nei panni degli altri. Ricerche recenti suggeriscono persino che il plurilinguismo possa ritardare l’insorgere della demenza.20

Le persone plurilingui corrono il rischio di conoscere tante lingue ma non parlarne bene nemmeno una?

Il nostro cervello ha spazio per molte lingue. Il fatto che i più piccoli vadano in sovraccarico se esposti a più lingue è una credenza da tempo smentita dalle ricerche. Ciò che tuttavia può succedere è che le lingue vengano utilizzate e attivate in modo diverso. La ricercatrice tedesca Rosemarie Tracy la definisce una divisione del lavoro.21 Per esempio possiamo parlare una lingua solo tra amici e familiari, mentre un’altra la usiamo principalmente al lavoro o a scuola. E siccome questi contesti richiedono strutture linguistiche diverse e un altro vocabolario può essere difficile spiegare processi di lavoro complessi o contenuti didattici nella lingua che usiamo con amici o familiari. In alcuni casi, i termini tecnici non esistono nemmeno in tutte le lingue. Se solitamente parliamo in dialetto, quando dobbiamo spiegare un argomento molto complesso può succedere che ci manchino le parole tecniche, invece disponibili nella lingua standard. Al contrario, potremmo avere difficoltà a esprimere dei sentimenti intimi verso i nostri cari nella lingua standard.

Cambi di circostanze possono farci usare di meno una lingua o farcela accantonare del tutto. Riattivarla potrebbe implicare qualche difficoltà e ci vorrà un po’ di tempo per tornare a parlarla in modo fluente. L’uso di una lingua può cambiare nel corso della vita anche per il contatto con altre lingue. Un esempio è quello delle seconde generazioni di migranti: la loro lingua, per certi aspetti, non corrisponde più alla lingua del paese d’origine dei genitori. In generale, il plurilinguismo individuale dipende molto dalle circostanze personali e dalla nostra storia di vita. Competenze linguistiche perfettamente equilibrate sono l’eccezione.

In che modo le scuole gestiscono la diversità linguistica?

Il sistema educativo dell’Alto Adige è stato organizzato sulla base delle tre lingue ufficiali: Ci sono scuole in lingua italiana, scuole in lingua tedesca e scuole in lingua ladina. Questo distingue l’Alto Adige da altre regioni minoritarie come la Catalogna, dove si parla di immersione catalana perché tutte le materie sono insegnate nella lingua minoritaria catalana e solo alcune in spagnolo,22 o come i Paesi Baschi, dove i genitori possono scegliere fra tre modelli scolastici (uno prevalentemente spagnolo, uno prevalentemente basco e un terzo mix equilibrato).23 In generale, nel sistema scolastico altoatesino le lingue svolgono un ruolo importante. Ogni singola scuola, tuttavia, rappresenta un microcosmo con una propria diversità linguistica e ha un ampio margine di manovra nella gestione delle lingue sulla base delle proprie esigenze. Spesso le scuole di lingua italiana adottano il modello CLIL (Content and Language Integrated Learning) in base al quale l’apprendimento di una lingua si fonde con i contenuti della materia e dunque, per esempio, biologia viene insegnata in tedesco. Le scuole ladine seguono un modello scolastico basato sulla parità (da cui modello paritetico): le varie materie vengono insegnate in tedesco o in italiano secondo una divisione bilanciata, il ladino è una materia obbligatoria e il corpo docente può usarlo anche per le spiegazioni nelle altre lezioni.24 Il concetto di plurilinguismo nelle scuole altoatesine si limita di norma alle lingue storiche della provincia e alle lingue straniere “tradizionali”, che godono di maggior prestigio. Ciò significa che le scuole si preoccupano principalmente di insegnare tedesco, italiano, ladino e lingue straniere come l’inglese o il francese. Le nuove forme di plurilinguismo, cioè le lingue che gli alunni e le alunne parlano in famiglia ma che non sono né lingue maggioritarie né lingue scolastiche, non sono però incluse in modo automatico nel percorso scolastico; la loro promozione dipende essenzialmente dall’impegno e dall’interesse dei singoli dirigenti scolastici o insegnanti.

Sempre più studenti usano a casa una lingua diversa dal tedesco e dall’italiano. Che impatto ha sulle lezioni?

Nella cornice del progetto “SMS - A lezione con più lingue”, un gruppo di ricerca di Eurac Research ha esaminato, per un periodo di tre anni, come studenti e studentesse di otto classi di scuole secondarie di primo grado dell’Alto Adige – quattro di lingua tedesca e quattro di lingua italiana – acquisiscano tedesco, italiano e inglese. I risultati della ricerca non mostrano alcuna correlazione tra i progressi di apprendimento della classe e la percentuale di alunni con prima lingua diversa dal tedesco e dall’italiano, questo né per quanto riguarda la lingua d’istruzione della scuola né per quanto riguarda le lingue di insegnamento. Ciò non toglie che sia necessario adattare le lezioni alla singola classe.25 Le scuole dell’Alto Adige sfruttano sempre più spesso le opportunità offerte per l’insegnamento delle lingue: didattica del plurilinguismo è il termine tecnico per indicare le strategie di insegnamento che costruiscono ponti tra le lingue e trasferiscono le competenze linguistiche acquisite in una lingua ad altre lingue. Con il progetto SMS le ricercatrici e i ricercatori di Eurac Research sostengono scuole e insegnanti nello sviluppo di questi metodi didattici sulla base di risultati di ricerca attuali e raccolti a livello locale.

I “miscugli tra più lingue” rappresentano un pericolo per lo sviluppo linguistico?

Gli studi di linguistica distinguono varie occasioni in cui le persone plurilingui mescolano le lingue. Di solito non hanno a che fare con una scarsa padronanza della lingua, ma piuttosto indicano l’appartenenza a più gruppi. Code-switching è l’espressione usata in linguistica per descrivere il passaggio consapevole o inconsapevole tra due o più lingue o dialetti, a seconda della situazione e della persona che ci troviamo di fronte. Con code-mixing si indica il passaggio da una lingua all’altra all’interno di una stessa frase, per esempio quando un termine di una lingua si presta all’argomento o esprime meglio ciò che vogliamo dire. Il termine crossing indica infine la situazione in cui giochiamo con le lingue, per esempio parodiando un certo uso della lingua. Questo uso creativo delle lingue è evidente anche nei social media: il progetto di Eurac Research “Digital Natives - Digital Immigrants” (DIDI) ha dimostrato che gli utenti altoatesini di Facebook non solo combinano il dialetto e la lingua standard, ma anche lingue diverse a proprio piacimento. Alcuni esempi sono riportati nella illustrazione alla fine di questo dossier.

Anche i bambini e le bambine che crescono plurilingui attraversano una fase in cui mescolano le lingue con frequenza, pur essendo consapevoli fin da piccoli che si tratta di sistemi diversi. Ciò non significa che le singole lingue si sviluppano in modo uniforme, per cui le lacune di una lingua possono venir colmate dall’altra. Per supportare al meglio l’apprendimento di una lingua, ogni bambino e bambina, sia monolingue, bilingue o plurilingue, ha bisogno dell’offerta linguistica più intensa, varia e regolare possibile.

Alcuni vedono nei “miscugli” una minaccia per le singole lingue e, per esempio, criticano la diffusione degli anglicismi. D’altra parte, ogni lingua moderna riflette le influenze di altre lingue: la maggior parte delle parole che usiamo ogni giorno sono state importate da altre lingue e col tempo si sono adattate. Sabbia in sanscrito di dice sárkarā e da lì hanno origine “zucchero” in italiano, “Zucker” in tedesco, “zucher” in ladino gardenese e “zücher” in badioto. Il punto è che non notiamo più il background migratorio di parole come questa – o come arancia (dall’arabo na¯rangÍ), tazza (dal persiano täšt) o tè (dal cinese Tei).

In che modo l’Alto Adige può beneficiare ulteriormente del plurilinguismo?

Nella cornice del progetto “Approcci al multilinguismo nelle scuole europee” (AMuSE), insieme a ricercatori e ricercatrici di tutta Europa, Eurac Research ha messo a confronto diversi modelli per la promozione del plurilinguismo: l’intento era formulare delle raccomandazioni generali. È emerso un aspetto fondamentale: nel campo dell’istruzione – e nella società in generale – è importante parlare di più di plurilinguismo per scongiurare credenze e pregiudizi, per esempio l’idea che i bambini plurilingui non imparino nessuna lingua correttamente o che certe lingue siano più importanti di altre. Vale la pena tutelare e promuovere tutte le lingue. Solo grazie a un ambiente favorevole all’uso di più lingue i più piccoli prendono fiducia, sviluppano e sfruttano il proprio repertorio linguistico nella sua interezza. Solo in questo modo possiamo garantire che la diversità delle lingue sopravviva in futuro.

e+learning


I contenuti del dossier sono disponibili anche in questo corso e-learning, rivolto a studenti delle scuole medie e superiori.

1: ASTAT (2020), Statistisches Jahrbuch 2019, Bozen, S. 119.
2: ASTAT (2020), Statistisches Jahrbuch 2019, Bozen, S. 110.
3: Pakistan, Country Profile 2020. In: Eberhard, David M. / Simons, Gary F. / Fennig, Charles D. (eds.). 2020. Ethnologue: Languages of the World. Twenty-third edition. Dallas, Texas: SIL International. Online version: http://www.ethnologue.com (einges. 01/09/2020)
4: Medda-Windischer, Roberta / Membretti, Andrea (ed.) (2020), Migrationsreport Südtirol 2020/ Rapporto sulle migrazioni Alto Adige 2020, Bolzano.
5: Medda-Windischer, Roberta / Membretti, Andrea (ed.) (2020), Migrationsreport Südtirol 2020/ Rapporto sulle migrazioni Alto Adige 2020, Bolzano, S. 19.
6: ASTAT (2019), Ausländische Wohnbevölkerung 2018, astatinfo 30(4).
7: Council of Europe (ed.) (2020), Common European Framework of Reference for Languages: Learning, Teaching, Assessment. Companion Volume, Strasbourg, S. 30
8: Contini, Gianfranco (1970), Varianti e altra linguistica. Una raccolta di saggi (1938-1968). Torino, Einaudi.
9: Wandruszka, Mario (1975), Mehrsprachigkeit. Sprachwissenschaft und Sprachdidaktik: Jahrbuch 1974, Düsseldorf, S. 321-350. / Marcato, Carla (2012), Il plurilinguismo, Bari.
10: Davies, Alan (2003), The Native Speaker: Myth and Reality. Clevedon.
11: Lanthaler, Franz (2018), Alter Sprachkontakt. Frühe romanische Entlehnungen in den Dialekten Südtirols. In: Rabanus, Stefan (ed.), Deutsch als Minderheitensprache in Italien. Theorie und Empirie kontaktinduzierten Sprachwandels. Hildesheim / Zürich / New York, S. 239-281.
12: Ciccolone, Simone (2016), Italiano e tedesco in contatto: alcune osservazioni macro- e microsociolinguistiche in Alto Adige, Quaderns d’Italià 21, S. 27-44.
13: Grote, Georg / Siller, Barbara (2011), Südtirolismen: Erinnerungskulturen Gegenwartsreflexionen – Zukunftsvisionen. Innsbruck.
14: Arntz, Reiner et al. (2014), Einführung in die Terminologiearbeit, Hildesheim.
15: Ralli, Natascia /Andreatta, Norbert (2018): bistro – ein Tool für mehrsprachige Rechtsterminologie. trans-kom -Zeitschrift für Translationswissenschaft und Fachkommunikation 11 (1), S. 7-44. http://www.trans-kom.eu/bd11nr01/trans-kom_11_01_02_Ralli_Andreatta_Bistro.20180712.pdf
16: Simons, Gary F. (2019), Two centuries of spreading language loss. Proceedings of the Linguistic Society of America 4(27), S. 1-12.
17: Council of Europe (1992), European Charter for Regional or Minority Languages, Strasbourg.
18: Centre for Economics and Business Research zit. in British Council (2017), Languages for the future: The foreign languages the United Kingdom needs to become a truly global nation, London.
19: European Commission (2012), Rethinking Education: Investing in skills for better socio-economic outcomes. Strasbourg.
20: Bialystok, Ellen et al. (2016), Aging in Two Languages: Implications for Public Health. Aging Research Reviews 27, 56-60. / Hack, Erica E. et al. (2019), Multilingualism and Dementia Risk: Longitudinal Analysis of the Nun Study. Journal of Alzheimer‘s Disease 71(1), S. 201-212.
21: Tracy, Rosemarie (2011), Wie Kinder Sprachen lernen: und wie wir sie dabei unterstützen können, Tübingen.
22: Mercator European Research Centre on Multilingualism and Language Learning (2013), The Catalan language in education in Spain. Regional Dossier. Ljouwert/Leeuwarden. www.mercatorresearch.eu/fileadmin/mercator/documents/regional_dossiers/catalan_in_spain_2nd.pdf
23: Mercator European Research Centre on Multilingualism and Language Learning (2005), The Basque language in education in Spain. Regional Dossier. Ljouwert/Leeuwarden. www.mercatorresearch.eu/fileadmin/mercator/documents/regional_dossiers/basque_in_spain_2nd.pdf
24: Verra, Roland (2016), The Ladin language in education in Italy. Mercator European Research Centre on Multilingualism and Language Learning. Online: https://www.mercator-research.eu/fileadmin/mercator/documents/regional_dossiers/ladin_in_italy_2nd.pdf
25: Krifka, Manfred et al. (2014), Das mehrsprachige Klassenzimmer: Über die Muttersprachen unserer Schüler, Heidelberg.

Colophon

Autrici: Sabrina Colombo, Maria Stopfner e Flavia De Camillis - Ricercatrici dell'Istituto di linguistica applicata di Eurac Research

Collaborazione scientifica: Andrea Abel, Dana Engel, Verena Platzgummer, Lorenzo Zanasi, Elena Chiocchetti

Redazione: Barbara Baumgartner 
Traduzione: Valentina Bergonzi 
Illustrazione: Oscar Diodoro 
Grafica: Alessandra Stefanut 

share

Related Content