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Students, entren in classe, ju lutem!

Studio esplorativo sulla didattica plurilingue nelle scuole dell’Alto Adige

Andrey Kiselev
© Adobe Stock | Andrey Kiselev
by Valentina Bergonzi

Più competenze ed esempi concreti di attività da svolgere nelle loro classi. Li chiede una gran parte dei 614 insegnanti dell’Alto Adige, di ogni disciplina e tipo di scuola, che hanno partecipato a uno studio esplorativo sulla didattica plurilingue. Secondo le linguiste che lo hanno organizzato, sono comunque già molto intraprendenti.

C’è un prof di ginnastica che dà istruzioni per il salto in alto in lingue diverse e una prof di informatica che fa studiare i tutorial dei programmi nuovi in inglese per poi chiedere loro di produrre un manuale in italiano. Alla scuola primaria c’è invece un maestro – o una maestra – che legge le avventure del topo che incontra il mostro Gruffalò in tre lingue: l’originale “The Gruffalo” e le traduzioni nelle lingue locali. E poi c’è una classe di spagnolo in cui chi insegna, per spiegare le connessioni con l’arabo, chiede aiuto agli studenti che l’arabo lo parlano in casa, con i genitori.
Questo è l’Alto Adige che emerge da un questionario non rappresentativo organizzato dalle linguiste di Eurac Research e completato lo scorso anno da oltre 600 insegnanti di scuole di tutti e tre i gruppi linguistici, di ogni ordine e grado. “Il nostro intento era fare una ricognizione delle attività di didattica plurilingue svolte nelle classi, cioè delle attività che prevedono l’uso contemporaneo, in una stessa lezione, di due o più lingue o varietà, anche dialettali”, spiega la linguista Marta Guarda. “Abbiamo raccolto molti spunti da mettere in rete”.
Anche se dalle risposte al questionario emerge che gli anni della pandemia e della didattica a distanza hanno fatto registrare battute d’arresto importanti, l’interesse dei partecipanti allo studio per il plurilinguismo è chiaro. Il 75 per cento circa di chi ha risposto al questionario chiede di poter acquisire nuove competenze in questo ambito e di questa percentuale quasi l’80 per cento vorrebbe poter scambiare con i colleghi idee pratiche e materiali didattici.

I numeri dell'interesse per la didattica plurilingue secondo il questionario

75%

chiede di poter acquisire nuove competenze (% approssimata)

80%

vorrebbe scambiare idee e materiali (% approssimata)

“È una conferma delle esigenze che abbiamo osservato crescere anche attraverso le nostre attività di workshop dedicati al plurilinguismo con le scuole”, spiega la linguista Sabrina Colombo. “Recentemente ci hanno chiamato da una scuola di Curon Venosta e queste richieste che arrivano da scuole al di fuori dalla realtà urbana stanno aumentando. È segno che il fenomeno della migrazione, ma non solo quello, ha acceso una nuova attenzione per il plurilinguismo. Dieci anni fa sarebbe stato difficile immaginarlo”. Anche questo si rispecchia nella partecipazione al questionario: nel campione sono coinvolti insegnanti dalla val Aurina alla val Venosta, passando per la val di Vizze e la Bassa atesina.

Il numero di insegnanti che propone spesso attività di didattica plurilingue dopo aver ricevuto una formazione specifica è il doppio di chi si avventura senza strumenti dedicati.

Quando si fa “translanguaging pedagogico” senza chiamarlo così

Le attività che i partecipanti allo studio propongono alle loro classi sono già molto variegate. “Abbiamo volutamente incluso insegnanti di ogni disciplina e anche se le materie linguistico-letterarie sono un po’ più rappresentate (37 per cento), abbiamo anche un 22 per cento di insegnanti del settore matematico-scientifico-tecnologico-progettuale e un 20 per cento del settore storico-geografico-sociale”, precisa Marta Guarda, che prosegue. “Al di là delle esperienze più formalizzate della compresenza o del CLIL (“Content and Language Integrated Learning”, ossia una metodologia didattica che prevede l’insegnamento di contenuti in una lingua seconda o straniera), spesso gli e le insegnanti sono spinte da iniziativa personale e creatività, e anche se non classificano le loro attività con definizioni ufficiali, di fatto coprono diversi approcci di didattica plurilingue descritti dagli studi teorici”.
Tra gli esempi raccontati da chi insegna ci sono molti casi di quello che tecnicamente si chiama “translanguaging pedagogico”, cioè si sfruttano le competenze che studenti e studentesse hanno in varie lingue per favorire l’apprendimento di una materia. Ed ecco quindi materiali per approfondire lo stesso tema o letture o video in lingue diverse da quella in cui si svolgerà la verifica finale. Non mancano nemmeno le attività mirate a sviluppare “consapevolezza metalinguistica”: sono quelle in cui le classi vengono spronate a riflettere su similitudini e differenze tra parole e strutture della frase in lingue diverse. Un po’ meno frequenti, ma comunque presenti, sono le attività interculturali, per esempio legate alle tradizioni gastronomiche, le esperienze teatrali multilingui o la ricostruzione delle biografie linguistiche delle classi.
C’è infine una categoria menzionata raramente ma che le ricercatrici considerano molto interessante: è la “flessibilità linguistica”. Nove insegnanti, in maggioranza attivi nelle scuole o istituti professionali ma non solo, lasciano la possibilità di usare più lingue a piacimento per comunicare o portare a termine un compito assegnato.

Pur con frequenza diverse, il numero di chi propone in classe attività plurilingui prevale su quello di chi non le prende mai in considerazione.

Insegnanti plurilingui: una ricchezza da valorizzare

“Nelle scuole dell’Alto Adige dove lavorano i rispondenti già si fa tanto. Gli sforzi che emergono da questo studio sono una base di condivisione importante, come chiedono gli stessi partecipanti allo studio”, sottolineano le ricercatrici. “Se poi possiamo esprimere un desiderio è che queste attività plurilingui coinvolgano sempre più non solo le lingue ufficiali della provincia, il dialetto sudtirolese e le varie lingue straniere previste dai programmi scolastici, ma anche tutta la ricchezza racchiusa nei repertori linguistici che ci sono nelle classi”.
E per repertorio le linguiste pensano alle lingue conosciute da ragazzi e ragazze, ma anche da chi insegna. Oltre il 25 per cento di chi ha risposto al questionario parla infatti almeno un’altra lingua non necessariamente collegata con le attività scolastiche: dallo spagnolo al russo, passando per sardo, coreano, albanese, giapponese e rumeno.

Lingua e varietà coinvolte nelle attività didattiche plurilingui

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La pubblicazione e i materiali didattici

La pubblicazione con l’analisi dettagliata dei risultati del questionario si può scaricare dalla pagina web del progetto SMS 2.0 – A lezione con più lingue, dove sono disponibili anche numerosi materiali didattici.

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Sabrina Colombo

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