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Cosa fanno le sigarette al nostro microbiota orale

Uno studio mostra gli effetti del fumo e cosa succede quando si smette

by Barbara Baumgartner

Nell’ambito dello studio CHRIS, un gruppo di ricercatori ha analizzato gli effetti del fumo sulla flora batterica della nostra bocca. I risultati dello studio, uno dei più grandi al mondo sul microbiota salivare, sono molto chiari. Con l’aumento del consumo di sigarette diminuisce il numero di batteri che hanno bisogno di ossigeno. Devono passare cinque anni dall’ultima sigaretta, perché il microbiota orale non permetta più di distinguere chi fumava da chi non ha mai iniziato.

Il padre del biotecnologo Giacomo Antonello, dentista, a volte stupiva i pazienti con le sue abilità diagnostiche apparentemente chiaroveggenti. Dava un’occhiata alla bocca e consigliava loro di rivolgersi a uno specialista, perché avrebbero potuto avere un problema al cuore oppure il diabete, cosa che spesso si rivelava corretta. I pazienti erano sempre molto impressionati. Per chi è del settore, questi casi sono meno sorprendenti: studi empirici dimostrano che spesso esiste un legame tra parodontite e varie malattie cardiovascolari anche se i meccanismi esatti non sono del tutto chiari. Antonello, che al momento sta svolgendo un dottorato di ricerca presso l’Istituto di biomedicina, ha appena completato con i suoi colleghi dell’Istituto di biomedicina di Eurac Research uno studio che indica un possibile fattore: nelle persone che fumano, una variazione del microbiota orale potrebbe contribuire all’aumento del rischio di queste malattie.

Lo studio, condotto nell’ambito dello studio CHRIS in val Venosta, risponde a due domande centrali: cosa succede esattamente alla comunità batterica della bocca, il cosiddetto microbiota orale, quando fumiamo? E che effetto ha smettere? Per scoprirlo, il team di ricerca di Bolzano, insieme all’epidemiologa Betsy Foxman dell’Università del Michigan, ha analizzato i campioni di saliva di oltre 1600 persone. Con un tale numero di soggetti, lo studio è “enorme” per questo filone di ricerca, come sottolinea il bioinformatico Christian Fuchsberger, supervisore del dottorato di Antonello: “Non esistono studi di grandi dimensioni sul microbiota salivare: si tratta di un campo di ricerca giovane in cui si sta facendo molto in questo momento, a volte anche in modo non preciso. Tanti studi, ad esempio, lavorano con piccoli numeri e quindi i risultati non sono generalizzabili”.

alt© Eurac Research | Silke De Vivo
Nell’ambito dello studio CHRIS, un gruppo di ricercatori ha analizzato gli effetti del fumo sulla flora batterica della nostra bocca. Lo studio sul microbiota orale ha analizzato i campioni di saliva di oltre 1600 partecipanti allo studio CHRIS. Per ogni partecipante sono stati raccolti cinque millilitri di saliva in una provetta. Da ogni campione è stato estratto solamente il DNA microbico, escludendo il DNA umano dei partecipanti.

L’intera ricerca sul microbiota è un tema piuttosto giovane: solo qualche decennio fa, la comunità di miliardi di microrganismi che vivono sulle e nelle persone – la maggior parte dei quali si trova nel tratto digestivo – era considerata dalla scienza più che altro un aspetto secondario. Ora questo microbiota è al centro dell’interesse, perché è stata riconosciuta la sua grande importanza per il nostro sviluppo e la nostra salute. Il microbiota intestinale, in particolare, è oggetto di intense ricerche. L’Istituto di biomedicina sta conducendo un grande studio su questo argomento (vedi riquadro).

Rispetto alla densità batterica dell’intestino, dove vivono migliaia di ceppi di batteri diversi, la nostra bocca è scarsamente popolata. Tuttavia, la saliva presenta un notevole vantaggio: è straordinariamente facile ottenerne campioni. Se si riuscissero a identificare i cambiamenti della flora orale che indicano in modo affidabile determinate malattie (biomarcatori), si tratterebbe di un prezioso strumento diagnostico di facile gestione per i sistemi sanitari.

Per il test della saliva nello studio CHRIS, ogni partecipante doveva raccogliere cinque millilitri di saliva in una provetta. Il gruppo è stato poi diviso in: fumatori, ex fumatori, persone che non avevano mai iniziato a fumare. A chi aveva smesso è stato chiesto di indicare l’ora dell’ultima sigaretta, mentre a chi fumava ancora è stato chiesto il numero di sigarette al giorno. Per avere un quadro della comunità microbica presente in ogni bocca – quali specie fossero rappresentate e con quale frequenza – il team di ricerca ha utilizzato una tecnologia universalmente usata per l’identificazione dei batteri: l’analisi della sequenza del gene 16S rRNA (questo gene rappresenta una sorta di “carta d’identità” delle diverse specie).

Gli effetti del fumo che abbiamo osservato persistono per anni. È interessante chiedersi se questo sia legato ad alcune malattie.

Christian Fuchsberger

L’analisi ha dato risultati chiari. Le persone che non hanno mai fumato hanno in bocca una comunità microbica significativamente diversa da quella di chi fuma ancora o ha smesso da poco. Il consumo di sigarette colpisce soprattutto i batteri che hanno bisogno di ossigeno: il loro numero diminuisce con il numero di sigarette fumate ogni giorno. Se si smette di fumare, questi batteri aerobici aumentano gradualmente di nuovo. Più lungo è il periodo senza fumo, più se ne trovano di nuovo nella saliva. Devono passare cinque anni dall’ultima sigaretta, perché il microbiota orale non permetta più di distinguere gli ex fumatori dalle persone che non hanno mai fumato. “Questo significa che gli effetti del fumo che abbiamo osservato rimangono per anni”, spiega Fuchsberger. “Poi, naturalmente, è interessante chiedersi se questo sia legato a determinate malattie”.

È noto che chi fuma presenta un rischio maggiore di parodontite e di malattie cardiovascolari. Le alterazioni del microbiota orale causate dal consumo di sigarette potrebbero avere un ruolo in tutto questo? È qui che entra in gioco una funzione dei batteri che vivono nella bocca e che, come tutto ciò che ha a che fare con il nostro microbiota, da qualche tempo sta ricevendo un’attenzione crescente. Alcuni di questi batteri, principalmente aerobi, convertono il nitrato che ingeriamo con il cibo in nitrito, che si trasforma in ossido nitrico, una sostanza importante, tra l’altro, per la regolazione della pressione sanguigna. Se c’è poca disponibilità di ossido nitrico, questo potrebbe contribuire alla scarsa irrorazione sanguigna delle gengive e alle malattie cardiovascolari. Ora, lo studio in val Venosta non ha misurato l’ossido nitrico nella saliva, ma ha esaminato i microbi in essa contenuti; tutto ciò che il team di ricerca può dire, quindi, è che più le persone sottoposte al test fumavano, meno batteri nitrato-riduttori vivevano nelle loro bocche. Se questa possa essere un’ulteriore spiegazione del fatto che i fumatori abbiano un rischio maggiore di malattie parodontali e cardiovascolari è “un’ipotesi che deve essere testata in ulteriori studi”, sottolinea Antonello. Sulla base dei campioni dello studio CHRIS, il ricercatore pensa già alla domanda successiva: quali fattori influenzano la nostra flora orale e in che misura? Che ruolo ha la genetica e che ruolo hanno le persone con cui abitiamo? Antonello sarà in grado di rispondere a questa domanda solo tra circa un anno, ma una cosa è già molto chiara: anche le persone con cui viviamo giocano un ruolo importante.

Ricerca sul microbiota nell'ambito dello studio CHRIS


Il modo in cui il fumo influisce sulla composizione della comunità batterica della nostra bocca e le possibili conseguenze per la nostra salute, sono solo alcune delle domande di ricerca sul microbiota che il team sta indagando utilizzando i dati dello studio CHRIS. Un altro importante studio sta esaminando il ruolo della flora intestinale nel diabete di tipo 2 e nella steatoepatite non alcolica, una malattia del fegato. È stato dimostrato che entrambe le malattie sono associate a un’alterazione della composizione della comunità microbica intestinale; tuttavia, le correlazioni esatte non sono ancora chiare. Per comprenderle meglio, a circa 350 partecipanti allo studio CHRIS – metà dei quali affetti da diabete di tipo 2 – è stato chiesto di prendere parte a ulteriori esami. Tra le altre cose, è stato effettuato un esame ecografico del fegato sulle persone in esame e sono stati prelevati campioni di feci e saliva per l’esame del microbiota. I risultati dello studio, in cui il team di ricerca collabora con gli esperti di microbiota di fama mondiale Nicola Segata dell’Università di Trento e Herbert Tilg dell’Università di Medicina di Innsbruck, sono attesi per il 2024.

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